La punteggiatura l’abbiamo studiata tutti, sì, anche voi tre in ultima fila, vi vedo.
Per un ripasso veloce e per ricordarti a cosa serve ogni segno di interpunzione ci sono le grammatiche e l’Accademia della Crusca, che Dio li benedica.
La punteggiatura è un elemento di stile, uno strumento che dà ritmo al testo, che ne delinea l’intonazione, necessaria nei testi brevi o nelle singole frasi, indispensabile nei testi lunghi.
Nella creatività partiamo sempre dalle regole: questo vale anche per la punteggiatura, che se usata a sproposito può compromettere la leggibilità di un testo anche se ben scritto.
Nella scrittura creativa la usiamo così.
Punto
A piene mani.
In pubblicità, a differenza di quanto succede per libri o giornali, il titolo ha di solito un punto fermo.
Perché?
Perché insieme al visual è una micro-narrazione e come tale inizia, si svolge con tutta la punteggiatura che serve e finisce. L’headline non basta a sé stesso ma vive e prende senso in relazione all’immagine che lo accompagna, è un discorso che continua e che si compie nel visual.
Ho detto “di solito” perché oggi questa regola è un po’ meno rigida rispetto al passato e anche in advertising si possono trovare headline senza punteggiatura.
Il motivo è la digitalizzazione: i messaggi istantanei, i social, le mail hanno dato un senso più ampio alla punteggiatura e soprattutto al punto fermo e oggi finisce per indicare anche l’emozione che c’è dietro una frase e non solo la sua intonazione.
Alzi la mano chi dopo un punto fermo su What’s App non si è sentito un po’ a disagio. Si è arrabbiato? È irritata? Ho scritto qualcosa e adesso è distaccato. Mi sa che la nostra storia è finita. Questo ha un po’ influenzato anche il linguaggio della pubblicità, così a volte, ecco, potresti non trovare il punto ed è proprio un peccato.
Virgola
Indispensabile.
A parte gli usi che se ne fanno, per non finire come Joyce, va utilizzata nelle enumerazioni di verbi, nomi o aggettivi, che in pubblicità, oltre che informare su caratteristiche tecniche di prodotto, aiutano a dare enfasi e ritmo.
Es.: gustosa, sana, ricca di vitamine.
Es.: scrivere per stupire, coinvolgere, diventare memorabili.
Severgnini nel suo libro L’italiano – Lezioni semiserie dice:
C’è chi, con una virgola, ha fatto i soldi. È il caso di Lynne Truss, autrice del bestseller “Eats, Shoots & Leaves” (2003). Il titolo descrive le azioni d’un pistolero («Mangia, spara e se ne va»). Basta levare la virgola («Eats Shoots and Leaves»), e racconta le abitudini di un panda («Mangia germogli e foglie»).
Dopo i vocativi, sempre.
La sua mancanza potrebbe essere fatale alla ormai citatissima nonnina.
“Vengo a mangiare nonna” (ehi, ciao Hannibal Lecter!).
“Vengo a mangiare, nonna” (ciao Cappuccetto Rosso, porta pure la torta già che ci sei).
Una virgola salva la vita.
Punto e virgola
In via d’estinzione.
Due punti
Buoni ma non troppi.
Sono di casa nel bodycopy. Quello che c’è dopo i due punti risponde alla domanda “perché?” ma lo fa in maniera più elegante e sobria.
Descrive, spiega, introduce un elenco.
Punto esclamativo e punto interrogativo
Da usare con moderazione.
Se senza il punto esclamativo la tua frase non ha niente di esortativo allora forse dovresti rivedere le parole che hai scelto.
In ogni caso, per quanto tu stia urlando, sia indignato, arrabbiato, se proprio devi metterlo, sappi che è uno e uno soltanto!
Il punto interrogativo è usato di tanto in tanto negli headline per fare domande provocatorie o retoriche, in ogni caso si abbina al visual per avere maggior forza e per non diventare una domanda vuota.
Anche il punto interrogativo è solo uno.
Punto interrogativo e punto esclamativo possono andare in coppia: in quel caso dovrai scriverli in questo ordine “?!”. Capito?! Scrive ancora Severgnini:
Se la virgola è francese, il punto è americano, il punto interrogativo è tedesco, il punto esclamativo è decisamente italiano. Un segno emotivo, eccitabile e lievemente enfatico. Per questo è di moda. L’Italia è oggi in piena fase esclamativa. Titoli, pubblicità, programmi TV, siti internet, messaggi email: da qualche tempo tutti esclamano in modo incontrollato, e portano in giro i loro segni come baccanti (Venite! Leggete! Comprate! Cliccate qui!! Guardate là!! Uau, fantastico!!!). Chi aveva rinunciato al punto esclamativo dopo le elementari, ritenendolo ridondante, oggi si trova circondato. Come spiegare il fenomeno, al di là del carattere nazionale? Una possibilità è questa: nel mercato delle mille offerte, chi vende/annuncia deve alzare il volume, per farsi sentire. Oppure si tratta di una scorciatoia per esprimere sorpresa, stupore, entusiasmo, delusione. Ottenere lo stesso effetto con le parole è più elegante (e magari questo libro vi aiuterà). Ma non tutti lo sanno fare, purtroppo!
Puntini di sospensione
No Maria, io esco.
I punti di sospensione sono kitsch. In pubblicità non li mettiamo mai perché indicano un discorso sospeso, una battuta o un’esitazione e nella scrittura creativa, dove lo stupore ha un ruolo fondamentale, non è il caso di avvisarti che sta per succedere qualcosa. Ti rovino la sorpresa e io, credimi, non vorrei mai.
Sui social, nelle mail e nei messaggi vari sono usati tantissimo proprio per quella connotazione emozionale che ti dicevo prima.
I puntini di sospensione sono un unico segno di interpunzione: vuol dire che sono sempre e solo tre e come tutta la punteggiatura vanno attaccati alla parola che seguono e staccati da quella che precedono.
Es.: non so se ti ho detto che… è finito l’articolo!