Qualcuno di voi lo riconoscerà come la voce del canale Sky, Comedy Central o come quella di Ty Pennington di Extreme Makeover: Home Edition, altri come quella del Re Giovanni in Robin Hood, tante mamme diranno “ma è Kristoff di Frozen!” e così via: si potrebbe giocare a indovina la voce per altre decine e decine di film, telefilm, programmi, soap, anime, videogiochi e cartoni animati.

Chi è?!

È Paolo De Santis, doppiatore italiano, con cui abbiamo il piacere di parlare per saperne di più sul mondo del doppiaggio. Refrattario ai social, amante della musica blues, straordinario professionista.

Ciao Paolo!

Una domanda che non ti pongono mai: come hai iniziato a fare il doppiatore? 

(non mi va di mettere emoticons oggi, per cui immagina un cartellone grande con scritto TONO IRONICO)

Sono stato cresciuto da genitori innamorati di cinema e teatro che mi hanno trasmesso la loro passione. Quand’ero poco più che ventenne ho deciso di darmi una chance e ho frequentato una scuola privata di recitazione, il Centro Teatro Attivo di Nicoletta Ramorino, che aveva la peculiarità all’epoca di essere anche l’unica scuola di doppiaggio di Milano. Dopo la preparazione da attore mi sono cimentato anche in quella da doppiatore, il corso era tenuto da Donatella Fanfani, da lì in poi questa strada ha avuto il sopravvento e per fortuna fino ad ora mi ha detto bene.

Qual è la cosa più difficile del tuo lavoro?

Trovare il giusto equilibrio tra la propria recitazione e quella dell’attore che sto doppiando, ci si deve sempre un po’ annullare per riuscire a sostituire la propria voce a quella di una faccia che non è la propria.

Come avviene un turno di doppiaggio?

Il turno di doppiaggio si sviluppa in tre ore di lavorazione, ne sono previsti tre al giorno. I componenti del turno sono: il doppiatore ovviamente; il direttore del doppiaggio che sarebbe nel nostro lavoro l’equivalente del regista per il film, che segue il doppiaggio di tutti i personaggi e pensa all’organicità del progetto intero facendo attenzione che ogni parte sia in armonia con tutte le altre; l’assistente al doppiaggio, che è la persona che si occupa di tutti gli aspetti tecnici della lavorazione, dalla pianificazione dei turni al controllo della congruenza di tutti i termini utilizzati nella lavorazione, non ultimo segue il doppiaggio in sala assicurandosi che sia sincronizzabile, cioè che le battute stiano sul labiale degli attori originali; il tecnico audio, o fonico, che registra in sala, accanto al direttore, altri doppiatori che possono lavorare anche contemporaneamente.

Dal film il lingua originale al film doppiato: cosa succede in mezzo?

Il prodotto arriva in lingua originale allo studio di doppiaggio, viene tradotto, poi adattato, cioè scritto in modo che le battute italiane siano sovrapponibili a quelle nella lingua originale, e poi consegnato alla sala di doppiaggio. Qui il gruppo di persone che ti dicevo prima svolge il proprio lavoro. Al termine del doppiaggio il prodotto viene mixato da un altro tecnico e poi passato al vaglio del direttore e del cliente. Infine il prodotto viene trasmesso.

Visto che viaggi spesso per lavoro tra Roma e Milano, dov’è casa per te?

Milano è dove sono nato e cresciuto, è la mia città, ma di Roma non ci si può non innamorare e professionalmente parlando mi ha dato tantissimo.

Hai un rituale prima di un casting/provino?

No, non sono scaramantico, al contrario di alcuni miei colleghi. C’è una direttrice, una cara amica tra l’altro, che se ti presenti vestito di viola ti rimanda a casa.

Qual è il film/ cartone animato o produzione che ti sei più divertito a doppiare. Perché?

Difficile rispondere, per mia fortuna mi è capitato di fare spesso personaggi sopra le righe e di ridere io in prima persona mentre vedevo l’originale, quindi in fase di doppiaggio sia io che gli altri colleghi ci siamo molto divertiti. Me ne vengono in mente due che mi hanno fatto davvero ridere fino ad avere i crampi, uno è Howie, un cane non molto intelligente protagonista di una serie animata che si chiama “Animali in mutande”, realizzata a Milano, e poi Constantine, la rana più pericolosa del mondo, che era l’antagonista di Kermit nel film “Muppets 2: ricercati”, doppiato a Roma. In entrambi i casi ho anche dovuto cantare, una cosa che mi diverte sempre tanto.

La parola che ti piace di più in italiano?

Ossimoro.

E in inglese?

Clarity.

Cosa ti piace di più della tua voce e del tuo mestiere?

Sono stato usato spesso come caratterista, per esserlo bisogna avere una voce duttile, direi che è questo che mi piace molto della mia voce. Del mio mestiere mi piace, come spettatore, l’emozione che da bambino e anche adesso da adulto provo nell’ascoltare delle voci meravigliose che mi sono rimaste impresse nella memoria, da attore mi piace il prendere parte anche se in modo così peculiare a grandi produzioni televisive e cinematografiche con attori straordinari cercando di regalare al pubblico le emozioni che ho provato io.

Chi vorresti doppiare prossimamente?

Qualcuno che non è ancora famoso ma che lo diventerà.

Nel mondo del doppiaggio ci sono delle vere e proprie famiglie che detengono il monopolio sulla categoria. Cosa significa farcela da solo?

Sicuramente nel mondo del doppiaggio, quantomeno a Roma, la tradizione di questo mestiere si tramanda di generazione in generazione, questo ha fatto si che esistano delle “famiglie” del doppiaggio, ma devo dire, almeno per la mia esperienza, che le persone che le compongono sanno essere molto generose anche verso gli estranei. Basti pensare che una delle persone che mi ha dato le opportunità più belle della mia carriera è Fiamma Izzo, il cui cognome non ha bisogno di presentazioni. Oltre alle “famiglie” poi ci sono tante società di doppiaggio composte da persone che si sono fatte da sole e negli anni ho incontrato tanti colleghi, direi forse la maggior parte, che come me hanno iniziato il loro percorso nel mondo del doppiaggio da soli. Per dare poi uno spettro completo sulla questione, a Milano e a Torino, dove ho iniziato la mia carriera da professionista, le “famiglie” del doppiaggio nemmeno esistono. Tutto questo per dire che farcela da soli è più frequentemente la costante che l’eccezione.

Tutti gli attori possono essere doppiatori e viceversa?

Potenzialmente sì, in realtà non proprio. Per quella che è la mia esperienza, salvo rarissime eccezioni, i doppiatori sono attori che si sono poi specializzati in questa branca del mestiere. Non tutti gli attori che si cimentano nel doppiaggio però sono per così dire portati. Non è una questione di “bella voce”, non è richiesta, io ad esempio non ce l’ho ma lavoro lo stesso, il fatto è che talvolta un attore può essere anche molto bravo ed espressivo ma non avere nell’uso della voce il suo punto di forza a differenza di chi invece viene percepito dallo spettatore solo con il proprio mezzo vocale.

Se non avessi scelto il doppiaggio ora quale lavoro faresti?

Da bambino sognavo di fare l’archeologo, da adolescente fino ai vent’anni il criminologo e adesso non mi dispiacerebbe dedicarmi alla ristorazione, ma il mio sogno nel cassetto è sempre stata la musica.

Dai un consiglio a chi vorrebbe fare il tuo mestiere.

Credo che valga un po’ per tutte le professioni: ci vogliono pazienza, perseveranza e impegno. Nello specifico bisogna formarsi come attori, poi frequentare una scuola di doppiaggio, crearsi delle solide basi, e poi partire dal piccolo per arrivare a fare cose più significative, la fretta è molto pericolosa. Non ci si deve perdere d’animo se non si ottengono giudizi generosi sulle prime ma non ci si deve nemmeno ostinare se proprio tutti ti fanno capire che non è la tua strada. In bocca al lupo! E come diceva un mio professore, saldi in sella.

Grazie Paolo! Ci fai un salutino?

Se vuoi conoscere di più su Paolo De Santis, qui trovi la sua biografia e i personaggi che ha interpretato.


 

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