Sembra passato un secolo dalla comunicazione unidirezionale a cui eravamo abituati, quella del “pago e ti compro” o “ti faccio sognare, mi compri”. 

Oggi il brand vive nella dimensione del dialogo, dello human to human e si relaziona di continuo con chi compra, arriva per caso, segue. I brand sono nello stesso posto in cui le persone sono e parlano tra di loro. Ma vanno anche oltre: si comportano come loro, mostrando una personalità, prendendo decisioni che veicolano valori e sentire, proprio come persone, proprio come noi. 

Kotler, il padre del marketing moderno, nel suo penultimo libro parla di Brand activism per definire le aziende che prendono posizioni concrete su cause politiche, economiche, ambientali. Giusto per dire quanto ogni azione, sia nel mondo online che in quello offline, definisce un brand e modella ciò che il target pensa di lui.

Per questo motivo la costruzione di un’identità di marca forte e coerente con i valori di cui il brand si fa portavoce, diventa essenziale, ancor prima di ogni pianificazione commerciale e di marketing.

I brand che lo hanno capito hanno smesso di imbottire di informazioni il pubblico e cercano di creare momenti d’incontro sorprendenti ed emozionanti tirando fuori empatia, carattere e le loro buone ragioni, oltre a un buon prodotto, per farsi scegliere.

Il risultato è che l’identità di un brand non è una questione privata che si decide a tavolino all’interno dell’azienda, ancorata ai sogni e svincolata dalla realtà, ma ha un aspetto fortemente relazionale che coinvolge e ingloba il contesto, il mercato e soprattutto il pubblico.

Uno degli strumenti che uso per lavorare sull’identità verbale e che prevede questa collaborazione tra brand e pubblico (anche se non certamente nuovo, visto che ha almeno 30 anni) è il Prisma dell’identità di marca di Kapferer.

Perché utilizzare il prisma dell’identità di marca?

Il prisma dell’identità di marca di Kapferer costringe i brand a pensare in modo coeso ai vari elementi che li costituiscono, seguirne l’evoluzione, fare un bilancio della strategia di comunicazione, adeguare la posizione sul mercato. Ci fa vedere l’intersezione tra come il brand desidera essere percepito e come viene effettivamente percepito.

Può essere utilizzato anche per:

  • confrontare l’identità con quella dei concorrenti e determinare i punti di forza e di debolezza;
  • estendere una linea o diversificare i prodotti/i servizi in altri mercati;
  • rivitalizzare l’immagine;
  • stimare il valore finanziario aziendale in caso di cessione o di riacquisto.

Definire l’identità di marca con il prisma di Kapferer

Secondo Kapferer la brand identity è formata da 6 elementi: caratteristiche fisiche, relazione, riflesso, personalità, cultura e rappresentazione che interagiscono tra di loro come parti di un insieme.

I brand che riescono ad armonizzare ed esprimere perfettamente queste 6 caratteristiche sono quelli che riescono a costruire un’identità di marca distintiva. 

Analizziamo il prisma nel dettaglio.

Prisma di Kapferer Identità di marca

A sinistra, troviamo ciò che arriva ai consumatori del brand; a destra, troviamo quello che l’azienda vuole che si percepisca di sé.

In alto, quello che è strettamente legato al brand; in basso, ciò che coinvolge strettamente i consumatori.

Vediamo i singoli elementi, uno per uno.

Caratteristiche fisiche

L’aspetto fisico della marca per Kapferer è un fattore principalmente visivo. Raggruppa tutti gli elementi che permettono ai clienti di identificare un marchio: il logo, il packaging, i colori.

In realtà quando considero questo aspetto non mi fermo mai al visivo ma penso alle caratteristiche fisiche come tutti gli attributi che permettono a un brand di rappresentarsi, alla sua presenza: quindi non solo l’aspetto visivo ma anche quello percettivo e quello funzionale. Inserisco qui anche il nome e il payoff, un logo sonoro o olfattivo, un motto. 

Relazione

Questa caratteristica riguarda il rapporto tra il brand e i clienti: è l’incontro, lo scambio, la partecipazione, la conversazione, proprio come ti dicevo all’inizio. È su questo terreno che si gioca la partita più importante tra la marca e il consumatore: si definisce il tipo di connessione che si vuole creare. Si tratta, in particolare, delle qualità di ascolto e di attenzione di cui dà prova il brand.

Si traduce in una user-experience pensata, nel prevedere punti di contatto che risolvono problemi, in un’assistenza clienti che permetta di creare fiducia, in comunicazioni mirate a far percepire la relazione proprio come vogliamo impostarla. Per esempio l’esclusività di Rolex, la fiducia di Darty, la serenità della famiglia Barilla, il divertimento di Martini.

Riflesso 

È l’immagine che di sé la marca fornisce al cliente. È lo specchio che riflette le aspirazioni del pubblico di riferimento (che il brand prepara) e che diventa il modello nel quale il pubblico si proietta: l’uomo coraggioso che indossa l’orologio Sector, la donna elegante e di una naturale bellezza incarnata da Natalie Portman, testimonial di Dior. La percezione dell’identità del brand nella mente del pubblico è fatta così di rappresentazioni mentali, cognitive e affettive. Sono i clienti a fare la marca, a riempirla di valore riconoscendone la bontà del prodotto e una consonanza di intenzioni.

Nell’utilizzo del prisma con i miei clienti, ho trovato molto utile focalizzarmi in questo quadrante sulla reputazione, quello che il pubblico pensa, dice, sente del brand, strettamente legata ai comportamenti del brand.

Personalità 

La personalità per un brand si definisce proprio come per un essere umano grazie a un certo numero di tratti e caratteristiche. I sistemi più usati per la definizione della personalità sono i big five e i 12 archetipi di Carl Gustav Jung. Così possiamo dire di un brand che è serio, divertente, ribelle. 

La personalità si materializza in particolare con il tono di voce. Per esempio la personalità di Starbucks è estroversa, socievole, accogliente.

La conseguenza naturale della definizione della personalità di un brand è la definizione del pubblico di destinazione che avrà voglia di relazionarcisi.

Cultura

Si tratta dell’universo valoriale trasmesso dal brand. Secondo il prisma, questo è l’aspetto che si riferisce alla cultura in cui evolve e si sviluppa la marca. Si tratta prima di tutto dei valori del paese d’origine del brand: l’esaltazione della diversità di Benetton, i valori della famiglia per Barilla, la “napolitanità” di Voiello.

Facilmente quando si parla di cultura si arriva a parlare delle scelte che riguardano i valori e gli ideali aziendali, la mission, il modo in cui si relaziona con i dipendenti.

È questo lo spazio per identificare gli universi simbolici, i codici in comune con il proprio pubblico, il contratto semiotico che la marca proporrà e a cui i clienti aderiranno.

Rappresentazione

La rappresentazione corrisponde al sentimento percepito dal cliente quando acquista o utilizza un prodotto di questa o quella marca. Oggi saremo più a nostro agio chiamandola esperienza.

Come ci fa sentire il brand? Il consumatore sceglie una marca perché in grado di soddisfare i propri bisogni e fargli raggiungere i propri ideali di vita.

Una cliente che acquista una felpa TwoThirds (come me per esempio), può esserne orgogliosa perché è felice di indossarla, si tratta di un capo di qualità proveniente da un marchio sostenibile.

Si tratta di una mentalizzazione: come mi vedo se ti compro. La rappresentazione rinvia a come il cliente si sente quando acquista e usa il brand. 

Immagine, posizionamento, identità di marca

Definire la propria identità porta a sviluppare nuovi atteggiamenti e attitudini che si basano su una maggiore attenzione alla bontà di quello che mettiamo in circolo, che richiedono strategie, investimenti e produzioni fatte con cura e attenzione.

Non dimentichiamo inoltre che l’immagine che il pubblico ha di un brand è versatile e temporanea, è l’opinione positiva o negativa che ha in un dato momento (per esempio a seguito di un’esperienza di acquisto o dell’esposizione a una pubblicità). 

Il posizionamento è una decisione aziendale basata su come i consumatori percepiscono la marca rispetto ai concorrenti; assegnandole una sua specificità in un determinato ambiente competitivo. 

L’identità affonda le sue radici nella storia della marca, nella molteplicità dei prodotti che offre e nelle persone che l’hanno costruita. È visibile in tutti i segni emessi dall’azienda: packaging, valori, pubblicità, relazioni con i clienti, testi, esperienza, eventi.

Mentre il posizionamento muta in base agli sviluppi competitivi e alla strategia e la percezione del brand è contingente, influenzata dagli stati d’animo dei consumatori, l’identità è il concetto più duraturo nel tempo. Prendiamocene cura.

 

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