C’è una sottile differenza tra un nome facile da ricordare e un nome difficile da dimenticare. Ho parlato al FreelanceDay di Torino di naming per freelance: qui sopra c’è la registrazione integrale dello speech, qui ci sono le slide, qui sotto la versione scritta.

Non si può giudicare un libro dalla copertina. Questo ci siamo sentiti dire tutti dalle maestre, dai librai, dai nostri amici intelligenti. Così come ci hanno detto che non dovremmo giudicare le persone dal loro aspetto perché siamo tutti così complessi e sfaccettati. Mi sembra un consiglio sensato. Hanno ragione. L’unico problema è che tutti giudichiamo i libri dalle copertine. E che tutti ci facciamo un’idea quando incontriamo qualcuno ancora prima che apra la bocca. E che io continuo a comprare i vini scegliendoli per la loro etichetta (per caso anche tu?). Succede così anche per i brand e non dobbiamo sorprenderci. Li vediamo e decidiamo a pelle se fanno per noi o no, se ci incuriosiscono o no, se gli daremo attenzione, se cliccheremo. Lo facciamo sulla base del primo elemento che incontriamo: il nome (qualche volta anche il logo e questa è anche la sua storia). Il nome è la prima cosa con cui le persone verranno in contatto.

Perché è importante darsi un nome anche se hai già un nome e un cognome

Per 3 buoni motivi:

1. Il nome identifica la proposta

È un segno di riconoscimento.

Dare un nome alle cose significa farle esistere. Io quando ero piccola davo il nome agli oggetti ed era il mio modo per entrarci in relazione: a quel punto diventavano qualcosa di conosciuto e familiare. Nominare equivale a dare un ordine, controllare le cose, addomesticarle. Lo studio e la definizione del nostro nome come freelance è la prima grande occasione che abbiamo per portare a galla la nostra verità e la nostra identità. Il naming ci consegna alla storia e ci dà un destino. Serve a noi per per poterci definire e poterci vedere esistere come professionisti.

2. Il nome differenzia dalla concorrenza

È un segno distintivo.

Siamo bombardati da tonnellate di brand, prodotti, pubblicità e non siamo attrezzati per prestare attenzione a tutto ciò che finisce davanti ai nostri occhi. Pensa ai tuoi feed social: il mondo è pieno di brand che cercano la nostra attenzione e noi diamo attenzione ai brand che questa attenzione se la sanno prendere. 

Chiamarsi diventa importante perché il nome sarà il passepartout per entrare nelle loro vite e per rimanerci, per incuriosirli e tirarli verso di noi, per farci notare e ricordare. 

3. Il nome facilita la comunicazione

Sintetizza la storia del brand: il nome è un passaporto per comunicare. 

Un buon nome può catturare l’attenzione delle persone e fargli venire voglia di saperne di più. Può già far provare delle sensazioni, dei sentimenti addirittura. Alla fine, quando si parla di passaparola cosa pensate che stiamo facendo girare? Il nome.

I professionisti lungimiranti utilizzano il nome come un’opportunità per comunicare qualcosa, per ricevere consenso. Al termine del processo di denominazione sai rispondere alla domanda più difficile: “come ti sentirai nel mio mondo?”.

Ma cosa rende fantastico un nome?

Un nome è pazzesco quando funziona come scorciatoia per consentire alle persone di prendere grandi decisioni. Cosa intendo per grandi decisioni? Un nome azzeccato è il modo più semplice e veloce che hanno le persone di sceglierti. 

I nomi sono indicatori di direzione: un grande nome trasmette attributi, associazioni, esperienze e informazioni che risuonano nelle persone, in una sola parola o frase.

Nel processo di naming parti da 3 elementi:

1. Cosa stai nominando

Il primo scoglio alla nostra brand identity siamo noi perché abbiamo delle idee soggettive sulla nostra attività, per questo dobbiamo rendere oggettivo quello che stiamo facendo.

La più grande risorsa per la nostra brand identity siamo noi e la nostra capacità di trasmettere chi siamo e cosa facciamo a qualcun altro. La prova per capire se sai davvero cosa stai nominando ce l’hai se riesci a riassumere la tua attività in una frase breve. Sembra scontato ma non lo è: se ci riesci allora sai cosa stai nominando.

2. A chi importa

I nostri brand esistono perché c’è qualcuno là fuori a cui interessano. Le conosci queste persone? Sai cosa desiderano? Sai come il tuo prodotto o servizio può migliorare la loro vita? Fai la tua ricerca, parla con alcuni clienti: inizierai a vedere il tuo marchio attraverso i loro occhi

3. Cosa vuoi dire

Devi aver definito il messaggio che vuoi trasmettere con il tuo nome. Il nome è un’invenzione che però si basa su dei connotati: puoi decidere di voler comunicare cosa offri, come lo offri, che esperienza possono farne le persone, qual è la sua essenza. 

Gli errori più comuni che ho visto fare in questi anni dai freelance

Intanto chiariamo una cosa: brand name è il nome, naming è il processo. Quindi naming per freelance vuol dire lo studio del nome per un freelance. A parte questo errore di forma che fanno spesso anche gli addetti ai lavori, ecco 8 errori frequenti che ho visto fare.

Errore 1: pensare che il naming sia un aspetto secondario della tua attività di freelance

Pensi a tutto: sito, fotografie, newsletter, logo, sponsorizzate, brochure, biglietti da visita, funnel. Dai per scontato il nome, non ci pensi, non ci vuoi pensare. Mentre tutto il resto può cambiare, un nome studiato rimane perché parla della tua identità. Tutto cambia ma il nome, a meno che non ci sia un restyling, no.

Errore 2: l’atto di nominare non è un concorso di bellezza

Un buon nome non è solo un bel nome. È sia emotivo che funzionale: può evocare un suono, un sentimento, un’esperienza. Ci vuole creatività, sì, ma anche rigore. La bellezza è in bilico tra questi due aspetti. Non possiamo dimenticare che il naming è tanto strategico quanto creativo.

Un nome raramente è “grandioso” semplicemente perché è diverso o creativo: dopo la creatività arriva un processo di verifica che ti aiuta a scegliere un nome di successo sia a livello pratico che creativo. 

Sarà la strategia che ci aiuterà a creare un nome coerente con l’offerta ma che abbia l’elasticità e la flessibilità per mantenere le connessioni create con il pubblico indipendentemente dall’evoluzione della nostra attività e del mercato.

Errore 3: sottovalutare il potere del brief

Il brief è un documento poco sexy ma davvero necessario che dà le indicazioni per il viaggio di denominazione. I nomi brillanti hanno alle spalle solidi brief che dentro di loro hanno le informazioni che ci aiutano a:

  • conoscere la realtà di business
  • identificare l’obiettivo del nome 
  • studiare i nomi della concorrenza 
  • inquadrare la tipologia di nome più adatto
  • definire il carattere del nome

Errore 4: confondere la necessità di informazione con la necessità di differenziazione

È importante decidere il ruolo che il nome deve svolgere. Non c’è un nome sbagliato in assoluto o giusto in assoluto: la decisione riguarda gli obiettivi che abbiamo alle spalle. Persuadere, essere rilevante, distinguere, emozionare, essere scalabile, proteggibile legalmente. Per ogni obiettivo c’è un tipo di nome che è più indicato. Vediamo quali tipi di nomi esistono.

I tipi di nomi

Ci sono varie classificazioni dei nomi per brand e prodotti, quella che segue è quella che preferisco. Ordino i nomi secondo due dimensioni:

  • esistenza: la parola esiste o meno nel vocabolario
  • rilevanza: quanto è specifica quella parola rispetto alla realtà che sta denotando
Tipologia di nomi di brand: classificazione dei brand naming per freelance

Nel quadrante dei NOMI PROPRI rientrano le non parole, rilevanti (che indicano esattamente il soggetto):

  • nome del fondatore o acronimo/sigle
  • patronimico (cognome)
  • firma (nome e cognome)

Del quadrante DESCRITTIVI fanno parte quei nomi che, seppur di uso quotidiano, sono in grado di esprimere un forte collegamento con l’attività a cui si legano. Hanno la funzione di descrivere cosa fai. 

Nel quadrante NEOLOGISMI ci sono le parole inventate, senza alcuna proprietà descrittiva. Pure invenzioni, che possono avere un suono attraente, una certa ritmica o sono la rielaborazione di parole poco comuni. 

Nel quadrante dei SUGGESTIVI confluiscono nomi, parole o frasi in grado di dare una suggestione del brand, un sentimento o l’esperienza che si fa con te, con il tuo prodotto o servizio e che usano spesso figure retoriche, metafore e analogie.

Errore 5: innamorarsi di una proposta prima di aver deciso che è quella giusta

Il nome non significa ancora niente prima di decidere che sarà quello giusto. Il significato deriva dall’esperienza che ne faremo: prima di metterlo a lavoro, un nome è un vaso vuoto che viene caricato del significato che decidiamo (è vero in modo particolare per i neologismi).

Questo non vuol dire che non puoi fidarti della tua reazione istintiva, non vuol dire che non ci sia spazio per le preferenze personali, ma potresti scoprire che il tuo preferito non supera i test di selezione. Può capitare, ma non dobbiamo aspettarcelo a tutti i costi, il colpo di fulmine durante il processo creativo ma poi assicurati che superi il processo di selezione.

Errore 6: sottovalutare problemi relativi ai marchi registrati

L’errore grande è non preoccuparci dell’originalità del nome nel suo senso più stretto: se esiste già, se è di qualcun altro allora non è originale. Il miglior nome è quello che puoi possedere. 

Ci sono oltre 28 milioni di marchi attivi a livello globale e anche oltre 200 milioni di URL registrate nel mondo: questi numeri, come puoi immaginare, sono in continua a crescita. Ciò significa che potrà capitare con facilità che qualcuno, da qualche parte nel mondo, già possieda e utilizzi il nome che desideri. È quindi fondamentale per superare le sfide legali, fare una verifica dei marchi esistenti in modo da continuare a cercare il nome giusto e legalmente valido.

Errore 7: pensare che tutto abbia bisogno di un nome

C’è davvero necessità di nominare ogni nuovo prodotto, ogni nuovo servizio? In questi casi è importante chiedersi se i prodotti, i servizi, la newsletter, il questionario, la consulenza, abbiano davvero bisogno di un nome. La domanda che dobbiamo farci è: quel nome aiuta davvero a far capire qualcosa in più della cosa a cui si riferisce? Troppi nomi confondono il cliente. E qui entra in gioco l’architettura dei nomi: bisogna stabilire i principi che determinano la relazione tra il brand e qualsiasi nuovo sotto-brand o estensione di linea, di prodotto o servizio.

Errore 8: chiedere un parere ad amici e parenti

Amici, parenti e partner non sono le persone che possono valutare il tuo operato o quello di un professionista nel processo di naming. Ti daranno una risposta di pancia e di pancia basta la tua. Non sono le persone giuste a cui chiedere un feedback perché sono di parte, ti vogliono bene, non sono probabilmente il tuo target, non conoscono i tuoi obiettivi e quello che vuoi comunicare davvero. Piuttosto, se la tua attività è già in pista, fai un piccolo audit su un gruppo di 10/20 clienti: grazie al fatto che sono immersi nel contesto di riferimento che ti interessa potranno aiutarti a evidenziare i possibili problemi che i nomi potrebbero avere all’interno del loro mondo.

 Il nome è il gancio a cui appenderai la tua storia. Qual è la storia che vuoi raccontare?

 

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