[Michele Amitrani mi ha intervistata nel suo podcast Credi Crea: gli sono grata perché mi ha dato l’occasione di dire molte cose in cui credo e di finire come sempre a tarallucci e spritz. :)]

Chiara Gandolfi: chi sei? parlaci di te.

Copywriter e voice talent: creativa a parole. Uso la scrittura creativa e la mia voce per tessere narrazioni intorno ai brand e coinvolgere le persone. Da più di 14 anni lavoro nell’advertising: ho iniziato come speaker in una radio locale. La radio è il mio primo amore, e come tutti i primi amori “ci sono rimasta un po’ sotto”. Ho scritto testi e spot per radio nazionali, ho lavorato in libreria, in agenzia, in redazione: tutti i posti dove la parola è parecchio importante.

Nel 2014 mi accorgo che a fare quello che mi dicono gli altri come vogliono loro mi annoio ovunque, imparo quello che posso imparare e poi finiscono gli stimoli. Così mi licenzio e creo BalenaLab, un laboratorio di scrittura artigianale dove realizzo campagne pubblicitarie, scrivo testi e storie per piccoli bellissimi clienti pieni di entusiasmo e per grandi aziende desiderose di fare la differenza. Ogni giorno c’è un problema nuovo da risolvere, una sfida da accettare, insomma un’avventura al giorno, per cui non mi annoio più.

Secondo te, da dove deve partire una persona che ha un prodotto da lanciare o un messaggio importante da condividere?

Dalla verità.
Ormai le persone si sono abituate ai brand che parlano in maniera esagerata di loro stessi, si autocelebrano con le loro “imperdibili occasioni”, visto che sono “leader di mercato”, con “soluzioni a 360 gradi”. Quante volte le abbiamo sentite queste cose? Quanti leader di mercato ci possono essere nello stesso mercato? Tutto questo sovrastimarsi e raccontarsi in maniera surreale e iperbolica ha portato tutti quanti noi a farci scivolare addosso i messaggi che utilizzano questo approccio per cui non li notiamo più nel rumore di fondo. Recuperare la verità in pubblicità e in comunicazione è fondamentale. Quella che una volta era la Unique Selling Proposition, l’argomentazione esclusiva di vendita, quel bene che ti posso fare io e nessun altro e che oggi ha bisogno di una componente in più di un semplice benefit di prodotto: ha bisogno di un valore da condividere. È necessario ma non basta più un buon prodotto che sia la soluzione a un problema, oggi è necessario costruire un mondo di valori che le persone possano abbracciare, quelli che Paolo Iabichino chiama gli “habitat narrativi” in cui possano riconoscersi. Per cui non è il lancio isolato nel vuoto di un prodotto ma la costruzione di una relazione nel tempo prima e dopo quel lancio.
Per cui ritornando alla domanda “da dove si parte”: dalla verità, perché non ci possiamo permettere di dire falsità e di esagerare sui nostri prodotti, sui servizi, su di noi. Non c’è niente di più urgente per chi lavora in comunicazione della necessità di ristabilire fiducia nella consistenza delle parole. Soprattutto oggi che le parole sono tante, sono troppe, sono sulle tastiere di tutti e tutti possiamo raccontare la nostra storia. Le parole devono rispecchiare le azioni,  noi dobbiamo fare quello che diciamo ed essere quello che diciamo di essere.

Quindi abbiamo un grande potere di influenzare gli altri ma non lo stiamo utilizzando male. È paradossale: quelli che dicono la verità oggi si distinguono.

Sì, la coerenza e la credibilità si costruiscono giorno dopo giorno. Siamo responsabili di ogni nostra narrazione, dentro e fuori dal web. Ci siamo riempiti la bocca della parola storytelling senza forse immaginare il potere più grande che hanno: le storie ci insegnano che i problemi si possono risolvere e che andando avanti ci cambiano. Possiamo raccontare anche noi le nostre storie alle persone e i nostri prodotti possono risolvere quei problemi. Per cui la domanda è “che storia voglio raccontare?” si parte da qui.

E a proposito di storie, possiamo raccontare una storia con diversi mezzi, per esempio con la scrittura persuasiva. Come può essere utilizzata da un business la scrittura persuasiva?

La scrittura persuasiva è un tipo di scrittura che parte dai bisogni. Che ci convince che una cosa è desiderabile e auspicabile ed è meglio di un’altra. Che va a cercare ciò che è già condiviso, per amplificarlo e riproporlo in modo che sia facile da riconoscere, da accettare e da adottare. È un tipo di scrittura che tocca le emozioni, crea immagini e invita a fare qualcosa. Senza invito all’azione non c’è copywriting persuasivo: ci dimostra che dalle parole possono nascere le azioni.
Ogni brand dovrebbe saper usare le parole per portare le persone a compiere un’azione concreta: comprare un prodotto o un servizio, iscriversi a una newsletter, mettere mi piace a una pagina sui social, condividere un contenuto. La scrittura persuasiva misura ogni parola per costruire un testo che guidi il lettore verso un obiettivo; how you say it is how you get there, dalla parola all’azione.

Un brand può utilizzare la scrittura persuasiva per fare due cose:

  • coinvolgere
  • differenziarsi

Coinvolgere

Ogni prodotto è collegato a un bisogno. Se ci pensi, quante volte hai fatto un acquisto improvviso preso dall’entusiasmo del momento o guidato da un essere di natura superiore?

Diverse forse troppe.

Quell’acquisto ha soddisfatto un bisogno che avevi in quel momento ed è quello che ha guidato la tua scelta. Ti sei fatto guidare dalle emozioni e l’hai comprato. Questo tipo di scrittura crea un legame, usa l’empatia come strumento principale. Lo storytelling di cui abbiamo parlato prima ne è l’espressione massima, crea immedesimazione, vicinanza e fiducia. Le persone dimostrano di essere molto ricettive nei confronti delle storie, la loro immaginazione viene stimolata e il passo dal sogno alla realtà con le storie si fa molto più rapidamente, per questo l’oggetto sognato è l’oggetto che decidiamo di acquistare.

Tu hai degli esempi di scrittura persuasiva? Mentre andavo al cinema a vedere un film della Marvel l’altro giorno ho visto un cartellone pubblicitario che raffigurava una persona sui 45, 50 anni e sotto c’era scritto: “lavoratore, ottimo compagno, alcolizzato.” E sotto ancora, una scritta che diceva “sono persone come noi”. Non me lo aspettavo, quell’alcolizzato, non me l’aspettavo. Hai esempi di questo genere che vuoi condividere con noi?

Uno molto semplice e di impatto. Perché poi alla fine la scrittura creativa serve proprio a questo a semplificare. È una pubblicità dell’Economist.

Esempio di scrittura persuasiva | Economist


Ti dice che se non leggi l’Economist, a 42 anni sei ancora uno stagista. Non ti invita a leggere l’Economist, ti dice cosa succede se non lo leggi. Coinvolge un mondo di valori e non vende solo un prodotto. Seleziona il pubblico a cui vuole parlare: persone scaltre e che non vogliono quel destino ma desiderano essere persone migliori. Con grande sintesi e senza chiedere niente, L’Economist ha condiviso molto di più del suo prodotto.

Essere semplici è l’arma vincente.

È così che puoi differenziarti. La scrittura persuasiva differenzia la tua azienda dai tuoi competitor. Trova quello che ti rende diverso dagli altri e lo mette in luce: mette in luce le qualità del tuo prodotto e le esalta perché sono esattamente quelle che ti permetteranno di essere diverso dai tuoi concorrenti. Trasforma le caratteristiche del tuo prodotto o servizio in benefici per chi compra.

Oltre alla semplicità, come si fa secondo te a comunicare in modo efficace per distinguersi dalla massa?

Innanzitutto mettendosi l’animo in pace e non desiderare di voler parlare a tutti.
Parlare a tutti non è possibile, è antieconomico ed è sbagliato strategicamente quindi bisogna:

  • scegliere le persone a cui parlare
  • comprendere le esigenze che hanno
  • scoprire in cosa possiamo essere utili (i benefici)
  • concentrarci su di loro per farli felici, amarli alla follia e farli felici

Per servire davvero, oggi la comunicazione deve mettersi in ascolto delle necessità del pubblico: lo so, tutti lo dicono, ma, sai, non è sempre stato così. La comunicazione deve risolvere i problemi reali di persone reali. Se no resta solo un bellissimo esercizio di stile, un atto masturbatorio di artisti radical chic che si sono ritrovati a lavorare in pubblicità e se la raccontano. Risolvere problemi reali di persone reali ma senza sottovalutare l’intelligenza delle persone: per esempio evitando di usare titoli come “le 5 regole fondamentali per scrivere un blog di successo”. Può funzionare una volta, forse due, io personalmente ho la nausea quando leggo questi titoli. Oppure la comunicazione di offerte che sono elenchi della spesa e un via vai di clicca qui, scopri lì, visita su, è tutto gratis.

Stiamo per fortuna sviluppando nuovi atteggiamenti e attitudini che si basano su una maggiore attenzione alla bontà di quello che mettiamo in circolo, che ci richiedono strategie, investimenti e produzioni fatte con più cura e più attenzione.

Quindi, avere una nicchia da amare a cui parlare e poi avere un obiettivo. Definire l’obiettivo è centrale per comunicare bene. Perché voglio un sito? Cosa voglio ottenere? Perché sto aprendo i miei profili social? Scrivere avendo ben chiaro cosa ci aspettiamo dai nostri messaggi: cosa vogliamo che le persone facciano con quel messaggio? Si emozionino, si commuovano, comprino, clicchino?

E poi un messaggio alla volta, senza farci prendere dalla foga di dire sempre tutto. Consegnare un messaggio alla volta e diversificarlo in base ai canali e agli strumenti che abbiamo pianificato.
Dire meno, dire meglio, e avere qualcosa da dire. Quanti messaggi vuoti ci sono?
Chris Anderson, curatore di TED, il contenitore delle conferenze più belle del mondo di gente che ispira altra gente con le parole, ha scritto un libro molto utile che si intitola Il migliore discorso della tua vita, a un certo punto dice:

il fine ultimo di ogni discorso è prendere una cosa a cui tenete moltissimo e ricostruirla nella mente di chi vi sta ascoltando. Quella cosa si chiama idea.

Si riferisce ai discorsi in pubblico ma vale anche per la scrittura. Avere delle buone idee alle spalle ci preserva dal dire stupidaggini. Dire meno e dire meglio e questo meglio lo possiamo raggiungere con la creatività. La creatività, che non è una velleità né uno strumento superfluo, aumenta l’efficacia della comunicazione perché avvicina brand e persone su un piano più coinvolgente. Con i social questo avviene con maggior forza rispetto al passato, abbiamo molte occasioni di usare la creatività. A convincere le persone sarà un messaggio, un’offerta, un post. È importante ricevere il consenso del nostro pubblico su ciò che pensiamo e diciamo perché ciò che piace al nostro pubblico è di supporto al nostro business, aumenta le vendite e rinforza la relazione. E il segreto è proprio questa rilevanza, che ci fa parlare bene a pochi piuttosto che male a tanti, che ci fa parlare solo dopo aver ascoltato chi ci sta di fronte.
Ogilvy, grande pubblicitario del passato diceva “Se non vende non è creativo”.
Nel mio mestiere essere una creativa significa proprio questo: saper risultare rilevante per le persone.

Hai progetti in cantiere?

Due molti belli.

Continuo a insegnare. Quest’anno oltre ai miei lavori di copywriting e di audio, mi sono dedicata all’insegnamento e ho scoperto che mi piace molto. Ho un corso a Bologna con Digital Update un progetto di formazione digitale dove insegno Copywriting per il web e varie date di formazione presso enti e clienti.
Un libro. La super novità di quest’anno è che sto scrivendo un ebook che verrà pubblicato in autunno dalla casa editrice Zandegù di Torino. Dà degli strumenti per trovare il proprio stile nella scrittura, per parlare con la propria voce e non confondersi in mezzo a tutte le altre. Parto dalle persone dalla conoscenza di sé e del proprio pubblico, arrivo alle idee, come si trovano e perché fanno la differenza in comunicazione e solo alla fine parlo di tecniche di scrittura per dare a contenuti di valore una forma che li faccia brillare. Mi sembra corretto così: pensare al dentro e al fuori allo stesso tempo, che poi alla fine forma e contenuto sono più vicine di quanto crediamo.

Dove possono trovarti i nostri ascoltatori?

Sul mio sito che è la mia casa digitale, dove trovano il mio mondo e il mio blog. Su Facebook e Twitter e su Instagram. E se vogliono venirmi a trovare sono sul Lago di Garda e uno spritz non si nega a nessuno. 🙂 A Vancouver non li fanno gli spritz, Michele?

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Se dovessi passare me lo ricorderò. 🙂

 

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